Il Castello e il perimetro fortificato

di Luigi Bubbico

Tra gli elementi significativi del castello del Malconsiglio a Miglionico spicca la particolarità del sito che, completamente esterno al centro medioevale, evidenzia la preesistenza di questo alla edificazione del maniero. Il borgo altomedioevale, la cui esistenza è documentata in epoca normanna, occupa i rioni di S. Nicola dei Greci e di S. Angelo dove sulla punta estrema rivolta ad occidente si leggono i resti del primitivo fortilizio dell'abitato, la cui area di insistenza, successivamente è occupata da una palazzo patrizio nella seconda metà del seicento. Lo sviluppo del centro normanno, tra il secolo XI e XII, determina la espansione dell'abitato in direzione del Torchiano e di S. Sofia le cui direttrici di crinale convergono nel sito antistante il nucleo più antico dove, sui resti di un'antica cappella intitolata S. Salvatore, tra il XIII e il XIV secolo sarà edificata la chiesa di S. Maria Maggiore che salda al nucleo più antico le aree di più recente edificazione.

antico affresco

I documenti del periodo normanno ed angioino individuano tra i secoli XI e XII una circoscrizione feudale comune a Miglionico, Pomarico e Montescaglioso, infeudata, tra il 1065 e il 1119, alla famiglia normanna dei Macabeo titolari del Comitatus Montis Caveosim. Tra il 1120 e il 1124 la Contea passa nelle mani di Costanza vedova di Boemondo Principe di Taranto, nel 1166 è posseduta da Enrico Garzia di Navarra, nel 1195 da Ugo de Maccla e nel 1220 da uno Jacopo Sanseverino Conte di Tricaricol. Questa potente famiglia alla quale era infeudata buona parte del territorio del Cilento, nei primi decenni del duecento, vantando lontani diritti risalenti al matrimonio contratto intorno al 1167 da Guglielmo Sanseverino con Isabella figlia di Silvestro Conte di Marsico, riusciva ad ottenere da Federico li il possesso della contea marsicana quale segno di riconoscimento del sostegno dato dal casato alle armi imperiali nella lotta che aveva opposto l'imperatore ad Ottone di Brunswick, e ad estendere i propri possessi fino ai centri della valle del Bradano. Con la rivolta di Capaccio e la dura repressione seguita agli eventi del 1245, i Sanseverino perdono i feudi lucani e trucidati quasi tutti gli esponenti della famiglia, Federico assegna la Contea di Montescaglioso e il Principato di Taranto al figlio Manfredi. Il conflitto tra fautori del papato e dell'impero conclusosi con la affermazione della dinastia angioina, consente il ritorno del Sanseverino che aveva appoggiato le pretese di Carlo d'Angiò, e la reintegra nel possesso dei feudi della Basilicata parte dei quali, però, sono assegnati, e tra questi buona parte della Contea di Montescaglioso concessa prima a Pietro di Beaumont e poi pervenuta a Giovanni di Montfort, ai baroni francesi che avevano seguito il re nell'impresa italiana. A Tommaso di Sanseverino, figlio di Ruggero, unico scampato all'eccidio del 1246, restavano tutti i territori orientali dei feudi lucani fino ai rilievi che dividevano la valle del Basento dal bacino del Bradano ampliati con l'acqusizione delle terre di Tricarico portate in dote dalla terza moglie del Conte, Sveva di Avezzano. Nel 1307 con l'assenso di Re Carlo, Tommaso di Sanseverino divideva i feudi tra i figli Enrico, Guglielmo, Roberto e Giacomo il quale sposando Margherita di Chiaromonte acquisiva il controllo dei centri della media valle del Sinni e dal padre riceveva il territorio di Tricarico ed i centri della valle del Basento tra cui anche Miglionico. Si può quindi, attribuire ad un Sanseverino, del quale il primo documento pervenutoci, relativo a concessioni fatte alla popolazione di Miglionico, risale al 1358, l'inizio della costruzione del castello e l'ampliamento del perimetro fortificato che ingloba nella nuova cerchia i quartieri sviluppatisi intorno alla Chiesa Madre. L'epoca della costruzione che sostituisce il fortilizio esistente nel borgo altomedioevale, non va oltre i primi decenni del secolo XIV e va riportata all'infeudamento della cittadina ai Sanseverino seguita alla definitiva sconfitta del partito svevo. Federico II dopo essere stato incoronato imperatore da Papa Onorio III nel 1220 convoca, lo stesso anno, a Capua tutti i Baroni pugliesi e tra i provvedimenti adottati nella dieta ordina il diroccamento o l'acquisizione al demanio regio di tutti i castelli baronali o edificati senza l'assenso reale. I provvedimenti promulgati e confermati a Messina nel 1221 saranno ribaditi a Melfi nel 1231 ed accompagnati da un'altra serie di ordinamenti tra cui la nomina di un Provisores castrorum col compito di sovrintendere alla costruzione dei nuovi edifici castellari iniziata da Federico in tutto il Regno meridionale. Nel 1278 le imposizioni di Carlo d'Angiò relative alla manutenzione dei castelli appartenenti al regio demanio ed ereditati dall'amministrazione sveva, citano Miglionico solo per assegnare alla popolazione gli oneri per la manutenzione del castello di Montescaglioso. Questo è già documentato in epoca normamma come pure quello di Montalbano e di Petrolla presso Pisticci, che rientrano nei medesimi provvedimenti angioini dimostrando come i castelli elencati nelle imposizioni del 1278 corrispondano a quelli preesistenti in epoca normanno-sveva. Ciò non implica la esclusione della esistenza di una roccaforte a Miglionico che certamente di scarsa importanza e non censita tra le pertinenze demaniali, è localizzata nella estrema propaggine del nucleo altomedioevale raccolto intorno alla chiesa di S. Nicola dei Greci. Con il definitivo infeudamento ai Sanseverino, tra la fine del XIII e gli inizi del XIV, Miglionico assume un significato strategico tutto particolare. La nuova suddivisione dei feudi meridionali dopo la stabilizzazione della monarchia angioina ha determinato il frazionamento dell'antico Comitatus Montis Caveosi il cui territorio orientale è definitivamente assegnato nel 1308 ai Del Balzo mentre i territori occidentali pervengono nelle mani dei Sanseverino. La baronia del grande casato si estende dalle coste del Tirreno fino ad un limite orientale fisicamente corrispondente al bacino del Bradano lungo il crinale percorso dal tracciato della via Appia che lambisce anche Grottole e Tricarico confinando, su questo versante, con i territori appartenenti ai Dal Balzo estesi fino all'Adriatico. Miglionico è, quindi localizzato agli estremi confini dei feudi sanseverineschi e la posizione occupata è ancora più importante per la vicinanza dell'Appia che esalta il ruolo del paese a presidio di un'area significativa per l'equilibrio tra le due maggiori baronie meridionali. L'edificazione del castello e le opere di fortificazione del centro evidentemente obbediscono alla necessità del feudatario di approntare una linea, individuata dalla direttrice Miglionico, Grottole, Tricarico, per la difesa dei confini del proprio territorio e questo scopo certamente non è soddisfatto dalla ridotta e fatiscente struttura già esistente nel borgo altomedioevale. Il Sanseverino sceglie quindi un'altro sito e per l'espansione dell'abitato verso il Torchiano e S. Sofia individua il pianoro del versante sud-occidentale del rilievo il quale, tra l'altro è in una posizione eccellente per controllare la direttrice stradale verso Nord in direzione di Grottole. Il nuovo perimetro murario edificato contemporaneamente al castello, cinge tutta la collina assemblando in un unico agglomerato il borgo più antico ed i rioni della più recente espansione. Il perimetro delle mura è intervallato da torri circolari e interrotto da quattro accessi: porta Pomarico sul versante Sud e verso la strada che conduce al paese limitrofo, porta Grottole sul versante occidentale rivolta in direzione dell'Appia, porta S. Sofia sotto il convento francescano e porta Fontanelle, l'unica ancora esistente, nel medesimo versante, sulle strade che collegano l'abitato alla valle del Bradano in direzione di S. Giuliano. Nei decenni successivi in qualche tratto, lungo i pendii più inaccessibili, le mura sono sostituite da agglomerati di abitazioni a schiera e dalla massa delle residenze patrizie, palazzo Ventura-Aspriello, e palazzo Petito, situati sul ciglio del versante, mentre a S. Sofia il monastero del Carmine è parte integrante del perimetro fortificato secondo uno schema abbastanza consueto nei paesi vicini dove i maggiori complessi chiesastici e conventuali costituiscono un elemento preponderante del perimetro della cinta. A Tricarico il complesso dell'episcopio è inglobato nelle mura orientali, a Irsina la Cattedrale ed il palazzo vescovile integrano il settore occidentale della cinta e a Montescaglioso la difesa dell'intero versante nord-orientale del paese è affidata alla massa dell'Abbazia benedettina. A Miglionico lo schema si ripropone con il monastero edificato su un'area libera adiacente le mura delle quali il complesso ingloba una delle torri circolari che nella parte superiore, svuotata da una serie di archivolti attualmente tompagnati, reca le tracce di una trasformazione operata da frati per ricavarvi una sorta di belvedere. In altri settori, dipendentemente dall'orografia del sito, la cinta muraria è trasformata in terrapieno o in muratura di contenimento delle strade perimetrali che corrono lungo i bordi dell'abitato: questa condizione si verifica soprattutto nella zona di S. Angelo e al Torchiano su cui versanti rivolti verso il Bradano il ruolo di contenimento e di baluardo difensivo è anche affidato al complesso delle abitazioni edificate con un alzato al quale corrisponde un livello al piano stradale e altri due o tre livelli sviluppati nei piani inferiori fino a coprire l'intera altezza del pendio. Il tessuto urbano di Miglionico ha conservato la possibilità di leggere e individuare agevolmente l'andamento dei perimetro fortificato: se buona parte delle torri si sono salvate da crolli e demolizioni, della cinta invece, non restano che pochi tratti. Le murature sono state sostituite nel secolo scorso o agli inizi dell'attuale dalla costruzione di case e sopratutto delle opere di consolidamento dei pendii e dalla apertura delle strade extramurali che quì, come in tutti i centri del materano, dove soltanto pochi abitati, in particolare Tricarico, conservano quasi integralmente il perimetro fortificato, hanno costituito, nel primo dopoguerra, una fase importante dello sviluppo dei paesi e della possibilità di edificazione nelle aree immediatamente adiacenti i nuclei medievali.

antica mappa


A Miglionico la costruzione del perimetro murario risale all'epoca angioina, a partire dalla metà del XIV secolo, ma i lavori certamente continuano nei decenni successivi ed in particolare in epoca aragonese: per tutto il secolo XV le mura sono oggette di una costante manutenzione e adeguamento alle necessità della difesa. Se le torri della zona di S. Angelo e S. Nicola dei Greci sono sostanzialmente rimaste immutate le altre torri, ed in particolare quelle verso il Torchiano, portano, i segni di qualche trasformazione relativa all'apertura di feritoie o alla costruzione di barbacani e bastioni, mentre a partire dal seicento alcune torri, quelle antistanti palazzo Corleto, e le due situate lungo il versante Torchiano-Castello, sono inglobate nelle vicine abitazioni delle quali diventano parte integrante dal tracciato della via Appia che lambisce anche Grottole e Tricarico confinando, su questo versante, con i territori appartenenti ai Dal Balzo estesi fino all'Adriatico. Miglionico è, quindi localizzato agli estremi confini dei feudi sanseverineschi e la posizione occupata è ancora più importante per la vicinanza dell'Appia che esalta il ruolo del paese a presidio di un'area significativa per l'equilibrio tra le due maggiori baronie meridionali. L'edificazione del castello e le opere di fortificazione del centro evidentemente obbediscono alla necessità del feudatario di approntare una linea, individuata dalla direttrice Miglionico, Grottole, Tricarico, per la difesa dei confini del proprio territorio e questo scopo certamente non è soddisfatto dalla ridotta e fatiscente struttura già esistente nel borgo altomedioevale. Il Sanseverino sceglie quindi un altro sito e per l''espansione dell'abitato verso il Torchiano e S. Sofia individua il pianoro del versante sud-occidentale del rilievo il quale, tra l'altro è in una posizione eccellente per controllare la direttrice stradale verso Nord in direzione di Grottole. Il nuovo perimetro murario edificato contemporaneamente al castello, cinge tutta la collina assemblando in un unico agglomerato il borgo più antico ed i rioni della più recente espansione. Il perimetro delle mura è intervallato da torri circolari e interrotto da quattro accessi: porta Pomarico sul versante Sud e verso la strada che conduce al paese limitrofo, porta Grottole sul versante occidentale rivolta in direzione dell'Appia, porta S. Sofia sotto il convento francescano e porta Fontanelle, l'unica ancora esistente, nel medesimo versante, sulle strade che collegano l'abitato alla valle del Bradano in direzione di S. Giuliano. Nei decenni successivi in qualche tratto, lungo i pendii più inaccessibili, le mura sono sostituite da agglomerati di abitazioni a schiera e dalla mussa delle residenze patrizie.

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Il Castello da roccaforte a residenza

L'architettura castellare in Basilicata è ricca di notevoli complessi per la maggior parte poco conosciuti ed indagati. I manufatti nella maggior parte dei casi portano i segni di notevoli trasformazioni: le originarie roccaforti normanne, le poche fabbriche sveve, i castelli angioini e aragonesi, a partire soprattutto dal cinque-seicento, sono quasi tutte trasformate in residenze gentilizie per le grandi famiglie comitali.

L'esistenza di complessi fortificati nel territorio della regione trova riscontri in documenti fin dal secolo IX e X e soprattutto in epoca normanna a partire dalla metà del secolo XI. Spesso il toponimo degli abitati è preceduto dalla specificazione di castellum o castrum che indica la natura fortificata del luogo e già nell'ambito del territorio circostante Miglionico molti centri portano questa definizione. Alla fine del sec. X essa è comune a Tricarico e Tolve coinvolti in uno scontro con una banda di saraceni insediati nel castrum di Pietrapertosa; nell'anno 889 il sito di una proprietà nei pressi del Bradano appartenente al monastero longobardo di S. Vincenzo al Volturno è indicata come limitrofa al castellum Montis Caveosi e per tutto il trecento il castrum Jugurij indica il sito di un antico borgo fortificato nel territorio di Pomarico. Dalla seconda metà del secolo XI i due termini, con molta più precisione, indicano esclusivamente i nuclei fortificati mentre per i centri abitati diventa prevalente l'uso del termine civitas e i nuclei minori sul territorio, che con i centri maggiori costituiscono l'ossatura del sistema insediativo sviluppatosi e consolidatosi a partire dalla fine del secolo X, sono denominati casali.

La costruzione delle più importanti roccaforti normanne nel territorio lucano, il castello di Melfl centro politico della nuova entità statuale, il nucleo originario del castello di Lagopesole, risale alla prima metà del secolo XI ma le tracce di una diffusa presenza di strutture castellari, purtroppo quasi cancellate dalle trasformazioni successive, si rinvengono in tutti gli abitati sedi di importanti famiglie comitali. A Tricarico è edificata la grande torre e l'annesso castello poi trasformato in convento francescano; altri grandi strutture fortificate sorgono a Brienza, ampliate e restaurate in epoca angioina e infine dai Caracciolo a partire dal secolo XVI; a Moliterno il castello è ampliato in epoca angioina e poi completamente ricostruito dai Carafa prima, e dai Pignatelli nel XVI e XVII sec; a Laurenzana il castello normanno sorge su una imponente rupe e sarà ampliato nel secolo XV dai Dal Balzo e dai feudatari successivi, i Poderico e i Filangieri; a Lavello l'imponente struttura attuale di epoca aragonese sorge su un preesistente edificio normanno mentre a Montescaglioso il castello edificato nei primi decenni del secolo XII è ristrutturato dalla famiglia Cattaneo nel XVII secolo. In Basilicata un aspetto particolare dell'architettura castellare è rappresentato dai centri medioevali abbandonati i quali conservano tracce consistenti delle originarie strutture fortificate. Uno dei complessi più imponenti dell'intera regione è quello di Uggiano a Ferrandina.

Tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo si estendono gli interventi sui manufatti esistenti, e soprattutto si attiva una nuova committenza legata all'affermarsi delle grandi famiglie feudatarie che in ogni paese di Basilicata erigono le proprie residenze o ampliano i castelli già esistenti intervenendo spesso anche sulle cinte fortificate degli abitati, ampliate ed allargate. Queste condizioni si affermano e si sviluppano soprattutto nella prima metà del trecento e nel secolo successivo quando la piccola feudalità angioina degli ultimi decenni del duecento è sostituita dalle grandi famiglie legate ai D'Angiò prima e alla monarchia aragonese dopo. I Sanseverino edificano castelli e palazzi fortificati a Tricarico, Miglionico e Marsico, i Del Balzo costruiscono il castello di Venosa e restaurano quello di Montescaglioso, la famiglia Tramontana innalza la fortezza di Matera e i De Bernaudo quella di Bernalda.

Se gli impianti insediativi delle strutture normanne sono strettamente correlate al luogo nel senso di assecondare con dislivelli ed un'apparente disomogeneità delle strutture che si adeguano ai pendii ed alle asperità orografiche, le poche costruzioni federiciane, si rapportano al sito per adeguarlo ad un rigoroso impianto geometrico. La suggestione esercitata dalle fabbriche imperiali sulla committenza successiva è notevole ed è rintracciabile negli impianti a parallelogramma e quadrangolari di alcuni complessi lucani tra cui spicca il castello di Miglionico.

Il grande manufatto è edificato sulla sommità di una collina prospiciente il centro storico dal quale probabilmente era separato dal declivo naturale del pendio che chiaramente è stato modificato con terreno di riporto e la costruzione di un terrapieno per consentire il collegamento tra abitato e castello. Il nucleo originario è costituito da tre ali edificate ed assemblate secondo uno schema perfettamente quadrato di cui il quarto lato, rivolto verso l'abitato non è occupato da edifici ma era certamente definito da una cinta che conteneva l'ingresso. La struttura ha torri circolari poste agli angoli intervallate da alcune torri quadrate mentre la forma triangolare di un recinto aggiunto sul lato non edificato, all'interno e all'esterno del quale si addossano successivi ampliamenti tra cui la chiesa completamente trasformata nel secolo scorso, è determinato dal rapporto con l'orografia dell'area. Al piano terra l'impianto è scandito da una serie di ambienti modulari coperti da volte a crociera mentre al piano superiore la scansione si ripete con coperture a botte a sesto rialzato nel settore meridionale e a crociera costolata nell'ala nord-occidentale. La presenza delle eleganti e slanciate costolature nell'area della residenza comitale unitamente ad una monofora tardo-gotica in un ambiente di raccordo, le piccole monofore della cappella, quella sottostante il loggiato secentesco e i due portali ogivali, uno per l'accesso al piano superiore e l'altro al pianoterra, confermano la datazione del nucleo originario del complesso ai primi decenni del sec. XIV.

Il paramento esterno in pietrame locale in molte parti evidenzia interventi successivi seguiti forse a crolli o determinati da lavori di manutenzione che in alcune aree si presentano come vere e proprie sopraelevazioni che interessano le falde dei tetti la cui orditura è stata modificata: le ipotesi di un ampliamento, nel senso di un sopraelevazione di tutto il complesso, necessitano ovviamente di una verifica approfondita direttamente sulle strutture.

L'area dell'accesso ha subito notevoli trasformazioni anche in tempi recenti con crolli e demolizioni effettuate subito dopo la vendita dell'immobile da parte del comune che ne era venuto in possesso dopo le leggi abolitive della feudalità. In questa zona, tra l'altro, sono presenti alcuni elementi erratici, collocati sull'edificio adiacente l'accesso, una costruzione tardo ottocentesca innalzata sui resti delle murature della cinta e nell'archivolto in tufo dell'ingresso. Una scultura tardo romanica di spoglio rappresentante un leone proviene forse dal portale originario o da qualche altra fabbrica, come anche le mensole trecentesche, analoghe ad alcune esistenti nelle navate della Chiesa Madre che definiscono l'imposta dell'attuale portale del Castello mentre lo stemma del Sanseverino di Bisignano apposto lateralmente nell'attuale accesso era collocato sicuramente sull'ingresso originario. Al lato meridionale più tardi sarà aggiunta un'altra costruzione, contenente un'ampia sala oggi divìsa in due ambienti, che determina anche la trasformazione in grande loggiato del corpo immediatamente antistante. Le caratteristiche dell'edificio, anche se definito da strutture tipiche degli impianti di difesa, sono quelle di un grande complesso la cui funzione è tuttavia legata soprattutto alla residenza di una grande famiglia comitale, elemento che con il passaggio del feudo di Miglionico dal Sanseverino alla famiglia Revertera che lo acquista nel 1624, determina la definitiva trasformazione del castello in residenza baronale. Ai decenni successivi all'acquisto risale il nuovo sistema distributivo del complesso, organizzato in una prima fase lungo un profondo loggiato addossato al lato settentrionale del cortile che più tardi è arricchito da un serie di archivolti in tufo, e successivamente è prolungato verso gli altri lati del quale quello rivolto a sud è caratterizzato da un porticato coperto a crociera.

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